• giovedì , 28 Marzo 2024

Vediamo i deficit degli Stati Uniti, please

Come uscire dalla crisi economica? Voi sapete quanto ritenga utile fare sempre confronti con l’esperienza degli Stati Uniti americani, paragonando le differenze tra Mississippi e Massachusetts con quelle tra Grecia e Germania, e facendo risaltare il diversissimo grado di solidarietà in America ed Europa verso gli stati più in difficoltà, siano esse difficoltà momentanee/cicliche oppure durature/strutturali.
Proprio perché gli Stati Uniti sono un progetto geopolitico con una moneta unica tra stati che quando si unirono avevano diversità culturali apparentemente incolmabili, è utile carpirne i segreti ed i meccanismi di funzionamento.
Certo gli Stati Uniti fanno politica fiscale dal centro, noi europei no, la facciamo a partire dai singoli Stati. In realtà anche gli stati Usa fanno politiche fiscali espansive tutte loro per aiutarsi ad uscire dalla crisi.
Verrebbe da chiedersi, guardando all’America, cosa succederebbe se i singoli Stati degli Usa decidessero di attuare politiche fiscali espansive ognuno per conto proprio. E’ quello che esaminano due ricercatori americani di Philadelphia, esaminando l’impatto su crescita ed occupazione di maggiori deficit statali (non di deficit del governo federale) negli Usa in tempi di crisi tra 1973 e 2009. Deficit statali che comunque ci sono stati, nell’ordine sempre di 2 massimo 3 per cento del PIL statale.
“Scopriamo che deficit temporanei da parte dei singoli stati hanno un impatto positivo sul tasso di crescita dell’occupazione … Vi è una piccola riduzione del tasso di disoccupazione statale. La più ampia parte della crescita dell’occupazione avviene tramite il rientro nella forza lavoro di lavoratori locali.”
Ma c’è di più: “deficit statali impattano anche sulla crescita dei posti di lavoro di altri Stati con simile struttura produttiva … L’impatto di questi deficit sugli Stati esterni è circa la metà di quello all’interno, il che suggerisce comunque significativi effetti a cascata (“spillover effects”).”
Sono aumenti che non permangono nel tempo, ma aiutano a fronteggiare momentaneamente la crisi, perché non paiono diretti a investimenti di lungo periodo ma solo ad aumentare la domanda aggregata quando questa è scarsa. Sono dunque posti di lavoro, quelli creati, che si perderanno quando circa 10 anni dopo gli Stati dovranno aumentare le tasse per ripagare il debito generato. Ma, ed è qui il punto essenziale, ciò avviene quando il sole è tornato a splendere sull’economia ed il settore privato è capace di generare posti di lavoro. Il loro ruolo momentaneo è stato fondamentale per generare essenziale domanda interna, pubblica.
Nel 2009 nel Massachusetts il deficit statale ha creato 35.253 posti di lavoro locali, contro i 24.149 posti di lavoro generati in altri Stati tramite la maggiore domanda di beni che lo stato del Nord est ha rivolto ad imprese non locali.
Quello che emerge dallo studio è anche un fenomeno non inatteso: negli Stati più grandi l’impatto complessivo è ben superiore a quello che possono generare gli stati più piccoli. Per esempio la California può creare più posti di lavoro per gli altri stati ad essa vicini come struttura produttiva (108.561) che questi ultimi possono creare per se stessi (97.099)!
Ecco un pericolo. Questo fa sì che spesso gli stati più piccoli evitano di darsi da fare con politiche fiscali espansive contando sull’aiuto degli stati più grandi, così finendo per evitare di pagare le tasse 10 anni dopo per ripagare il debito, ma godendo comunque dei frutti dell’espansione generata dagli Stati più grandi.
Pericolo che non corriamo in Europa, dove anche gli Stati più grandi rimangono al palo, terrorizzati di spendere più oggi senza capire che se non usciamo dalla crisi oggi e subito i costi che pagheremo quando si spezzerà allora l’unione monetaria saranno ben maggiori.
Non c’è bisogno di una Unione fiscale con la politica centralizzata a Bruxelles per uscire da questa crisi europea. C’è bisogno semplicemente di coordinarsi tutti insieme per fare tutti insieme politiche temporanee di maggiore spesa pubblica e minori tasse: l’area dell’euro Nord in deficit, l’area dell’euro Sud con il bilancio in pareggio (senza cioè fare deficit ma usando i soldi dei contribuenti non per ridurre il debito ma per aumentare la domanda via appalti di beni e servizi).

Fonte: Formiche del 4 aprile 2013

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