• venerdì , 29 Marzo 2024

Concerto senza Direttore? Impossibile

Etimologicamente, concerto deriva dal latino “certamen”.ossia gara combinato al latino “concentus” ossia armonia. Si ha concerto quando almeno due persone eseguono qualcosa assieme. Nel lessico musicale, concerto è una forma sonora eseguita in pubblico da più strumenti. Ai suoi albori (metà del 500), fu guidata dal primo violino munito di spartito e, successivamente da un pianista (conductor). Nel comune linguaggio, per concertazione si intende il tentativo di due o più persone di mettersi all’unisono in qualsiasi campo, anche non musicale, ad esempio per concertare le azioni intese a svaligiare il furgone di una banca. L’unisono implica un sistema logico di frequenze (le note), di intervalli (tempi), di direzione ecc. Nella pratica odierna, la prima cosa che si fa è di designare un capo, come il direttore d’orchestra. Costui, per raggiungere l’unisono, costringe gli esecutori (orchestrali) ad obbedire alla sua bacchetta. Senza di ciò non si raggiungono l’unisono né gli accordi armonici, né si rispettano i tempi. Persino nelle jam sessions del jazz libero (hot) non si riesce ad evitare dissonanze o stonature, se i solisti non si alternano a fare i leader sul leit motiv prescelto.
Passando, per analogia, alla sedicente “concertazione” italiana tra governo e parti sociali, bisogna riconoscere che l’unico accordo armonico raggiunto è stato quello che, via “moral euro-suasion”, Ciampi è riuscito ad imporre, ossia la moderazione salariale in vista dell’adesione all’euro. Ma dopo di allora, non si sono più avuti risultati importanti. Gli stessi primi passi verso la flessibilità del lavoro (part time, lavoro interinale ecc.) non hanno concesso nulla alla libertà del mercato, ma costituiscono un’iperregolamentazione delle eccezioni al lavoro a tempo indeterminato imposta da Cofferati che ha così assunto il ruolo di guida (leiter, direbbero i tedeschi). Così è stato il cuoco cinese ad imporre le sue ricette. Ma quando, più di recente, le altre parti hanno voluto prendere qualche iniziativa guidando loro il gioco come nelle jam sessions. il cuoco cinese è passato alla difensiva, con la costruzione di una muraglia cinese di veti che ha impedito qualsiasi accordo (di terza come di settima, direbbero i musici) e bloccata ogni nuova idea.
Tutto questo discorso in contrappunto sta a dimostrare che la concertazione alla Ciampi ha fatto il suo tempo. Oggi occorre sostituirla con un approccio diverso. Il Governo ha come compito fondamentale di creare un ambiente (scelta del cantus firmus, ossia il tema da discutere e scelta delle parti sociali che accettino la novità di una direzione governativa) adatto a realizzare il miglior contrappunto possibile tra le due melodie concertanti (imprenditori+artigiani da un lato e sindacati per lavoro dipendente+pensionati dall’altro). Spetterà al Governo, con la bacchetta del direttore, a proporre l’armonia, ossia la combinazione dei suoni in rapporto alla modulazione, nell’obiettivo principale di realizzare il maggior bene per l’economia del paese e nell’obiettivo secondario di ottenere il consenso (l’applauso del pubblico). Facendo un esempio non musicale, il Governo propone di discutere dei principi della riforma delle pensioni. Imprenditori e sindacati fanno le loro proposte coordinate ai grandi fini scelti dal Governo (pareggio dei conti, aumento dell’età di pensionamento, fine del sistema a ripartizione ecc.). Il Governo suggerisce adattamenti onde realizzare l’armonia tra le due voci e correzioni se le voci non sono perfettamente mirate ai grandi fini. In conclusione, se le parti concordano, il concerto si dirà realizzato, Se una parte, invece, dissente, il Governo rinuncia al concerto, rimborsa i biglietti prevenduti, lascia che le parti si accordino per le cose di loro competenza e, per la parte che lo riguarda, farà al Parlamento le sue proposte, arricchite dai suggerimenti migliori esternati dalle parti sociali. Questo nuovo sistema, che in pratica fa delle parti sociali le consulenti del Governo, ci sembra chiaro. E a voi?

Fonte: «Il Giornale di Brescia» del 6 aprile 2001

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